LA PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO
Appena furono compiuti i giorni della purificazione,
Maria e Giuseppe portarono Gesù
al Tempio di Gerusalemme
per offrirlo al Signore,
poiché la Legge di Mosè prescriveva
che ogni figlio primogenito
fosse consacrato all’Altissimo.
Ecco i santi genitori Maria e Giuseppe,
obbedienti alla Legge, porsi in cammino,
salire la maestosa scalinata del Tempio,
oltrepassare la sacra soglia
e porre nelle braccia del santo Simeone
il divino pargoletto.
Il Tempio si rallegra nell’accogliere il suo Dio;
il santo Sacerdote non avverte più
il grave peso degli anni,
ringiovanito alla presenza del Redentore.
Gli Angeli contemplano estatici il loro Signore
che si offre quale VITTIMA alla giustizia del Padre;
Maria e Giuseppe offrono Gesù
in questo sacrificio anticipato dell’Agnello.
Terribile, funesto annuncio!
Portando Gesù al Tempio,
Maria e Giuseppe forse speravano in cuore
di trascorrere un giorno lieto,
poiché avevano con sé la gioia del Paradiso.
Quand’ecco in mezzo al cielo sereno, un fulmine.
Quel santo Sacerdote, che ha inteso in cuore
dallo Spirito Santo che il Figlio di Maria
è il Salvatore promesso,
che il fanciullo stretto tra le sue braccia
è il Messia sospirato,
ascolta ancora una profezia su di Lui.
Lo Spirito Santo gli fa comprendere
e annunziare alla Madre e al Padre verginale
queste solenni parole:
“Questo caro bambino sarà posto
quale segno di contraddizione
per la rovina e la salvezza di molti”.
Non sarà mai possibile esprimere
quanto queste dure parole abbiano afflitto
i Cuori di Maria e di Giuseppe.
Le gioie innocenti gustate fino ad allora
per la nascita del Figliolo divino scomparvero:
il segno di contraddizione,
le frecce dei peccatori,
la perdizione di tanti,
l’ingratitudine umana,
la fine dolorosa del loro divin Figlio
furono ombre nere
che oscurarono continuamene
l’orizzonte della loro vita ...
Il santo vecchio Simeone, illuminato da Dio,
appena rivelato questo funesto presagio,
aggiunse per la Madre parole ancor più terribili:
“E una spada acuta trafiggerà,
o Vergine, la tua anima”.
Il sinistro bagliore di questa spada
contristò gli occhi e il cuore di Maria
durante TUTTA la sua vita
e LA TRAFISSE sotto la croce.
Da quel giorno, il Golgota fu SEMPRE
davanti ai suoi occhi,
come lugubre prospettiva lontana;
quelle parole aspersero di fiele ogni gioia,
di nero ogni sguardo.
Nel latte che dava al Figlio Gesù
intravvedeva il Sangue
che egli avrebbe sparso;
nelle fasce in cui lo avvolgeva,
le funi che lo avrebbero legato;
nel cibo e nella bevanda che gli porgeva,
l’alimento della morte;
nei baci impressi sulla fronte e sulle guance,
gli schiaffi e i lividi;
nei ricci biondi dei capelli
vedeva penetrare spine;
nelle palme delle mani e dei piedi
contemplava i fori dei chiodi.
Quale crudele, lungo e intenso martirio!
Né lo stesso Giuseppe era indifferente
alla sorte dolorosa della sua Sposa.
Anch’Egli avvicinò le labbra a quel calice,
partecipando alle ansie
e alle strette al cuore della Vergine.
Chi meglio di lui le leggeva nel cuore?
Chi più di lui traeva da quel mistico pozzo
l’acqua amara per dissetarsene?
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